Ho dovuto attendere tre anni per trovare un’angelo che sapesse insegnarmi ad amarmi. Tre anni esatti da quella notte.
“La notte porta consiglio”. Si! Posso confermarlo. E’ successo di notte, una di quelle notti dove anche il buio più profondo splendeva di un bagliore accecante, fu quella notte che iniziò il mio innamoramento, ed io, mi trovavo li disteso, con gli occhi spalancati rivolti al soffitto in attesa delle risposte che il mio cuore esigeva.
Risposte, ma a quali domande?
Iniziai a cercarle, trovarle e costruirle e dopo un po’ capii! Mi posi la prima domanda, quella più importante e mi chiesi:
Sei felice?
Dalla mia bocca ne uscì un “NO!” a voce alta e di notte, un po’ mi impressionò lo ammetto, ma a quella semplice risposta seguirono poi tutte le altre domande: Perché? Qual è la causa? Cosa è prioritario e cos’altro no?
La risposta al “perché” fu alquanto semplice, non avevo più un lavoro, mi ero da poco separato, poche idee confuse su ciò che volevo fare, gli anni che passano e soprattutto la paura di deludere le persone care, allora mentalmente iniziai a selezionare tra tutto il caos che albergava nella mia mente l’utile dall’inutile, il necessario dall’indispensabile, il prioritario dal secondario.
Prima divisione: Io, Lavoro.
Per cercare di guadagnare qualcosa svolgevo un lavoro che anche se dava soddisfazioni personali, perché mi obbligava al confronto con altre realtà lavorative, non ricavavo altrettante soddisfazioni economiche. “Come mai?” La risposta fu vera quanto sofferta, io non mi impegnavo abbastanza e soprattutto sprecavo gran parte del tempo su appuntamenti troppo impegnativi ma possibili e non su quelli più fattibili.
Ma la vita è fatta di scelte.
Ho sempre amato il lavoro che svolgevo. Lavoravo in un Circolo Privato che poi è diventata Fondazione, dopo quattordici anni l’associazione entrò in crisi ed io mi trovai a scegliere se rimanere con stipendi a singhiozzo oppure cercare altre strade. A malincuore, scelsi la seconda.
Trovai quindi una nuova realtà operativa, la distribuzione automatica di caffè e bevande. Amai subito il nuovo lavoro e quando tredici anni dopo scoprii che l’azienda che tanto stimavo mi aveva licenziato, mi crollò il mondo addosso, soprattutto perché durante gli ultimi anni mi fu proposto di cambiare ruolo ed io non accettai, una scelta decise ancora il mio futuro.
Nel cercare quindi altra occupazione, mi ritrovai di nuovo a frequentare quegli ambienti che tanti anni prima avevano contribuito alla mia crescita e aiutato a farmi appassionare all’arte, la lettura, alla storia della mia città e l’uso della tecnologia con l’utilizzo dei primi personal computer. In quegli ambienti ritrovai persone a me care che con pazienza, dedizione e perseveranza dopo anni sono riusciti oggi a raggiungere gli obiettivi prefissati. Quella Fondazione e lo stesso Presidente con grande cordialità mi offre un lavoro per quattro mesi.
Ma sono sempre le scelte a decidere il futuro.
Scegliere di tentare un lavoro part time nella struttura che amavo o accettare un lavoro completamente diverso e full-time?
Vinse la “ragione” malgrado il cuore continuava a dirmi “continua” la ragione impiegava tutte le sue armi per dissuadermi riuscendoci, scelsi il “tempo pieno”
Un diario inizia sempre da una pagina bianca, questo, inizia da una notte insonne.
Da bambini, di solito, ci hanno insegnato che tutto parte dal cuore. L’amicizia, la passione, l’amore per i genitori, ogni cosa, ogni azione dipendeva dal nostro cuore. Non importava se a scuola i maestri erano stati cattivi oppure il tuo compagno di banco ti aveva fatto arrabbiare, bastava una lacrimuccia, un piccolo pianto di sfogo, la carezza del compagno o un “bravo” da parte dei maestri, ed il cuore tornava felice.
Crescendo più volte abbandoniamo la voce del cuore, la zittiamo a favore di una voce nuova, quella della ragione. La “ragione”. Una massa celebrale che comanda e gestisce le nostre emozioni solo per facile comodità.
Viviamo in un mondo troppo veloce, il tempo dedicato ad alcune decisioni si è notevolmente accorciato. Da bambini per decidere cosa doveva portarci Babbo Natale impiegavamo circa undici mesi, oggi un bambino può cambiare idea in pochi secondi.
Il cuore ha bisogno di tempo, ne ha bisogno per poter assaporarne ogni prezioso attimo per poi sancire la sua decisione. Pondera con calma i pro e i contro, non da ascolto a ciò che gli propone la ragione perché lui gioca di istinti, di sensazioni, di aromi e dopo un bel po’ decide. Paradossalmente le sue decisioni sono sempre giuste perché se ha avuto successo è felice, se non ha avuto il successo atteso, lui ne fa tesoro prezioso per le nuove scelte.
Ho un cuore!
Sicuramente il passaggio più complicato è stato quello di essere consapevole di avere ancora un cuore. Convincere la “ragione” che non è sola non è stato tanto semplice.
E’ un percorso durissimo, fatto di continue soste e lunghi respiri profondi. E’ fatto di lotte interne, di analisi su i pro ed i contro. E’ stato come ritrovare la mia bicicletta, abbandonata nel sottoscala, prima la guardo, poi la tocco, controllo i freni, le ruote e sfioro la sella e poi, con timore, provo a salirci sopra.
Sono trascorsi secoli dall’ultima volta che ci sono salito su, ho paura, ma non appena mi ci siedo sopra avviene il miracolo. Automaticamente il mio cuore lancia tutte le sue sensazioni al cervello e lui, costretto, apre i cassetti chiusi, tirando fuori tutti i ricordi, dalle gite al lago e nei boschi, alle corse con i compagni, alle cadute e così inizio a sorridere.
Non c’è cosa più stupenda che innamorarmi di nuovo di me stesso. Si! Perché amarsi tecnicamente è facile, ti guardi allo specchio e ti dici “io mi amo”. Ma è vero? E’ quell’amore vero che provi in te stesso o e solo la finzione che il cervello ti invia per renderti un po’ sereno?
Il percorso più importante ed emozionante è stato proprio quando ho deciso non di amarmi ma di innamorarmi di nuovo di me stesso e per farlo, per mia fortuna avevo bisogno di qualcuno che me lo insegnasse.