Secondo giorno

 

La luce non è ancora chiara quando Enapay aprì gli occhi.

Le cime delle montagne avevano un colore rosso e arancio, mentre tutto intorno la notte si allontanava lenta. Enapay si avvicinò al fuoco bevve un sorso d’acqua e buttò giù qualche pezzo di frittella secca di granturco con sciroppo d’acero e un po’ di frutta, poi con calma risistemò tutte le cose nella sacca a tracolla e spense il fuoco. Un ultimo sguardo alla mappa e via, per un nuovo cammino.

Il sentiero iniziava già il suo percorso in salita, il vento caldo della zona arida lo faceva sudare seppure era ancora mattina presto. Le aquile dalla testa bianca e i condor iniziavano già a sfruttare le correnti di aria calda facendo lunghi cerchi nell’aria ad ali spiegate per prendere quota.

Enapay alzò un po’ lo sguardo per capire se il sentiero era quello giusto e bevve il primo sorso alla sua scorta d’acqua.

Un suono, un rumore familiare lo fece arrestare all’istante.

Il suono della coda di un serpente a sonagli gli è molto familiare, lo aveva ascoltato tante volte quando insieme al nonno andavano a caccia, sapeva che ascoltando quel suono doveva fermarsi e capire il grado di pericolo per poi allontanarsi con calma. Enapay si guardava intorno cercando di capire da dove provenisse quel “rattle” per sua fortuna era abbastanza lontano dalle sue gambe. Enapay restò immobile, lo guardava, sapeva che ora per lui non era una minaccia. Il serpente si trovava fermo arrotolato su se stesso su un grande masso a riscaldare il suo corpo con i raggi del sole.

E’ un animale stupendo malgrado sia anche mortale, pensava Enapay e nel farlo gli venne in mente una vecchia leggenda, una vecchissima storia che gli raccontava suo nonno accanto al fuoco.

Tanti anni fa nella valle, viveva un serpente infelice. Era infelice perché si rese conto un giorno che lui aveva passato tutta la sua vita sempre strisciando, aveva visto sempre il mondo ad un palmo dalla terra. Si era riuscito a salire su una collina, si era sporto per vedere il mondo dall’alto, ma sempre restando ad un palmo da terra. Aveva un desiderio. “Prima che la mia vita termini vorrei vedere il mondo dall’alto, vorrei volare come gli uccelli.”

Naturalmente nessun uccello era disposto ad aiutarlo, nessuno si fidava di lui rimaneva pur sempre un serpente, ed era per sua natura cibarsi anche di loro.

Ma il desiderio e la voglia del serpente era tanta.

Passavano i giorni, l’animale si chiedeva sempre come potesse fare o convincere qualche uccello a fargli esaudire il suo desiderio. Ma dopo i giorni passarono i mesi e poi gli anni e lui ormai diventato vecchio pensò che il suo desiderio non si sarebbe mai esaudito.

Una mattina come le altre, il serpente si trovava fermo sulla roccia a riscaldarsi dalla notte fredda, ombre veloci gli passavano davanti, in cerchio, quando si rese conto di essere diventato preda fu troppo tardi. Grossi artigli lo afferrarono al capo e al corpo portandolo via dalla roccia. Sapeva ormai che il suo momento era giunto, aveva tanta paura, era inerme ma fiero delle sue origini aprì gli occhi, voleva vedere il suo carnefice. Ma lo sguardo ricadde sulla valle, stava volando, il suo desiderio era stato esaudito, stava finalmente osservando il mondo come non lo aveva fatto mai sentiva il vento, guardava il fiume e le rocce, tutti luoghi che lui aveva solo strisciato intorno. Era ormai consapevole che per lui la vita sarebbe terminata a breve non appena sarebbe stato depositato nel nido dell’aquila ma era felice., lo era perché aveva dato un senso alla sua vita, aveva vissuto per un sogno diventato realtà.

Enapay si allontanò in silenzio si voltò un’ultima volta, come per salutarlo ma con grande rispetto guardò con rispetto e si allontanò riprendendo il suo cammino.