Il sole d’inverno è più caldo

Rientrando tutte le notti quasi allo stesso orario, quasi sempre incontri le stesse persone, dai metronotte che fanno i loro giri, ai lavoratori che hanno chiuso le loro attività ristorative, dai corridori notturni ai portatori di cani.

Uno di questi è Giuseppe, dalla prima volta che ci siamo incontrati mentre aprivo il portone di casa, ci siamo sempre scambiati il “buonasera” forse solo per educazione o forse anche per la necessità di scambiare qualche battuta nel silenzio della notte. E’ quasi un anno ormai che ci scambiamo il saluto.

Giuseppe è un uomo tranquillo che ogni sera porta a spasso il suo amato cagnolino, anzi, un maltese, per essere preciso, come mi fece notare una volta in modo quasi austero. Un maltese dagli occhi neri e tondi che somigliano a due bottoncini appiccicati di proposito, il suo pelo lungo, bianco e un vistoso fiocco rosa sulla testa che mi fa capire subito, o almeno spero, che si tratti di una femmina. Giuseppe ha un po’ più di cinquant’anni sempre nei suoi pantaloni blu, le camicie bianche e uno smanicato da cacciatore, lui lo adora, lo mette su tutto, dice che è comodo perché ha tante tasche.

Non ci siamo mai dato del tu, cosa molto strana per noi partenopei, ma io lo rispetto e continuo a parlargli usando il lei.

E’ un po’ claudicante, l’ho notato già dopo il primo incontro quando è andato via, non gli ho mai chiesto il motivo, anche perché non era nelle mie curiosità ma me lo disse lui una sera tempo fa, a modo suo.

“Si vede eh!?” cosa! Risposi stupito. “ che zoppico!” mi rispose. Non vedendo in me la curiosità di conoscerne il motivo decise di raccontarmi tutto da solo come per scusarsi verso il mondo intero che aveva un problema.

E’ successo anni fa! Sa sig. Carmine io facevo il portalettere, il postino, la mia zona era una bella zona, il Vomero. Non consegnavo né bollette né le “sfogliatelle” sa quelle buste verdi, ma consegnavo solo i pacchi e pacchetti quindi quando i destinatari mi vedevano arrivare erano contenti, mi davano le mance e sempre grandi sorrisi. Sig. Carmine, ero felice. Poi è successo il fatto, in inverno, mannaggia a me e che sono sempre distratto, mi trovavo in via Luca Giordano proprio all’angolo e dovevo consegnare l’ultimo pacchetto, mannaggia, il nome non si leggeva bene perché pioveva e l’acqua aveva cancellato alcune lettere io quindi camminavo e cercavo di leggere. Una panchina, una panchina grande come un’auto e io non l’ho vista, ci sono sbattuto contro e sono caduto come una pera cotta. Una caduta stupida che però mi ha causato la rottura della tibia e del perone, come si dice “faccio le cose in grande, io “.

Che devo dire, forse mi hanno operato male, forse è colpa delle mie ossa, certo è che da allora zoppico e per le Poste non posso uscire più e mi hanno messo di turno alla sede centrale, ufficio smistamento. Tutta la giornata fra quattro mura, io che ho sempre respirato aria di strada, di primavera oggi respiro aria condizionata al profumo della carta vecchia. Ho perso le mance, i sorrisi e la mia felicità. Tutto per quattro schizzi di pioggia e la mia distrazione.

Ora cammino la sera porto a spasso naike, la mia figliolina, e me ne torno a casa dove mi aspetta mia moglie con una bella faccia allegra e mi dice pure “muoviti, che è tardi.” Tardi, ma pe’ fa che? Boh!

Sig. Carmine pensate, l’ufficio è un po’ umido, allora abbiamo chiesto qualche stufetta perché i condizionatori non bastano, sapete cosa hanno fatto? Mi hanno messo la scrivania vicino alla finestra e mi hanno detto con calma, ma con serietà professionale però, “accanto alla finestra starete meglio, qui batte il sole, qui il sole in inverno è più caldo”

Buona serata sig. Carmine, ci vediamo domani.